Attualmente impegnato a Teatro con “Ho paura Torero”, Michele Dell’Utri ha conquistato i lettori di MediaVox Magazine con la passione che mette nei ruoli che interpreta…
Ci sono persone che sembrano essere nate per fare il mestiere che svolgono. È il caso di Michele Dell’Utri. Attore. Comunicatore. Tanto appassionato del e nel rapporto con il pubblico e, soprattutto, con i ragazzi e con le ragazze che vanno accompagnati in forme sempre più necessarie e coinvolgenti di dialogo. In questi giorni è impegnato in Teatro con “Ho paura Torero”, al fianco di Lino Guanciale e di Colleghi e Colleghe eccezionali.
MediaVox Magazine ha intervistato Michele per conoscere meglio lui, il suo Talento e la sua Arte…
L’INTERVISTA
Foto di Masiar Pasquali
Nel tuo percorso da attore, quali sono stati i momenti più significativi che ti hanno fatto crescere artisticamente e umanamente?Ho incontrato il teatro durante gli anni della scuola dell’obbligo ed inizialmente è stato proprio un “obbligo” (per dirla con Valentin) da parte di alcuni docenti e poi della mia famiglia che intuiva, malgrado in casa non ci fosse l’abitudine di frequentare i teatri, che quell’esperienza mi avrebbe potuto fare bene nella crescita e nella gestione della timidezza. Chissà se mia madre se ne sia mai pentita quando ha visto che è diventato un lavoro! Dunque: scuola e mamma… un classico! Poi da un obbligo si è trasformato in una specie di “servitù volontaria” (questa la rubo a Jouvet) che ha invaso completamente la mia vita e che è un modo di stare nella realtà, oltre naturalmente ad un lavoro (se non lo fosse sarebbe tutto diverso). In questo passaggio è stato fondamentale da giovanissimo l’incontro con il Teatro Greco dove ho fatto il mio primo spettacolo da professionista: protagonista Galatea Ranzi (Antigone, regia Irene Papas, produzione INDA, 2005). Da quell’incontro lei diventerà – talvolta consapevolmente talvolta meno – un mio grandissimo riferimento che mi schiuderà per la prima volta il rapporto con il testo e la parola in un modo nuovo ai miei occhi e che ho sentito da subito familiare. A seguire sono stati tanti gli incontri che mi hanno fatto capire cosa potesse significare per me la parola “teatro”. La mia vita professionale era come divisa in due: la pratica sul palcoscenico e quella fuori dal palco, soprattutto nelle scuole di ogni ordine e grado nelle quali ho fatto e continuo a fare da sempre dei laboratori. L’Università (pedagogia) mi ha fornito forse un’impostazione metodologica, il teatro gli strumenti ed i contenuti. Queste due esperienze hanno vissuto parallelamente fino al mio incontro con Claudio Longhi, regista – docente universitario ed attuale direttore del Piccolo Teatro di Milano. Grazie all’incontro con lui ho capito che quelle due spinte inevitabili (spettacolo e laboratorio) erano comuni ad altre persone. A lui devo il coraggio, gli strumenti ed il riconoscimento che se una certa pratica teatrale non fosse ancora comune ed abituale all’interno dei teatri pubblici, non per questo era meno importante. Anzi, forse dovevamo proprio impegnarci a costruirla mettendoci costantemente in discussione, una riflessione critica teorica e pratica allo stesso tempo che non ha più smesso di vivere. In mezzo, ed ancora oggi, gli incontri che mi cambiano e talvolta stravolgono sono tanti e quasi sempre sono colleghe e colleghi (su tutti potrei dire l’amico Lino Guanciale o, di recente, il dialogo con Marco Paolini) il cui confronto ha attivato uno scambio costante che credo sia tra le cose più fortunate che possano accadere. E che il teatro può portare da esempio alla realtà fuori dai palcoscenici.
“Ho paura torero” è uno spettacolo intenso, poetico e politico: cosa ti ha colpito di più di questo testo e cosa hai voluto portare in scena attraverso il tuo personaggio? La forza dirompente del linguaggio! L’esempio che il “teatro politico” non è per nulla un teatro freddo e anaffettivo. Al contrario, la possibilità di vivere liberamente anche le proprie passioni o identità o spinte intellettuali è sempre anche un fatto politico. Nei miei personaggi (sono tre più tre militari) ho cerato tutto questo. La Rana, di sicuro il personaggio a cui sono più legato, ha un passato, un attaccamento alla vita, spiazzante e senza retorica. È violenta nell’amare e nel proteggere la sua vita e quella delle persone che ama ma probabilmente non farebbe mai del male a nessuno. La Radio parla attraverso comunicati ma le relazioni che crea col pubblico e con la Fata dell’angolo sono autentiche, di amicizia, preoccupazione, allerta. Dall’altro lato delle parole (rubo stavolta a Calvino) di Lemebel c’è un mondo politico e sentimentale che si esprime attraverso il linguaggio e la parola ne esce regina e generatrice di tutto il resto.
Il teatro è un luogo vivo e potente: che tipo di rapporto si crea tra te e il pubblico quando porti in scena una storia come questa?Partecipazione. Lo spettacolo è stato preceduto da una lettura integrale a puntate fatta in varie biblioteche e librerie di Milano. Dal primo riscontro con il pubblico, dopo la prima lettura, ho capito che quella storia ci avrebbe avvicinati tantissimo. E così è stato! Posso dire che si è creata una comunità partecipe ed affezionata intorno a questo spettacolo, che ci segue, si sposta da Nord a Sud d’Italia, cerca il libro (che è andato in ristampa) e che ci riempie di domande, riflessioni e parole. Una grande responsabilità! Un rapporto che per me assume ancora più valore perché supera lo spazio teatrale e continua nel mondo fuori.
Spesso si dice che i giovani, oggi, leggano poco: quanto è importante, secondo te, coltivare la lettura e la scrittura, soprattutto per chi vuole avvicinarsi al mondo dell’arte e della recitazione?Come anticipato prima il mio rapporto con i giovani e le pratiche messe in atto per e con loro sono una costante della mia vita. Credo che dobbiamo riappropriarci dello spazio della letteratura, del teatro, delle parole e delle arti per capire un pochino meglio noi e il mondo che ci circonda. In una realtà nella quale il linguaggio aziendale (Pasolini ne parlava già negli anni ’60) si è intromesso nelle relazioni umane e civili, la pubblicità o il marketing pare sia l’ambito più capace di utilizzare la potenza metaforica del linguaggio per costruire clienti e consumatori, la scrittura e la lettura possono e devono essere gli strumenti con i quali possiamo risvegliare, allenare e potenziare le nostre attitudini all’interpretazione delle cose, delle persone e delle storie (individuali e collettive). Secondo me questo discorso vale per tutte e tutti, a maggior ragione per chi vuole avvicinarsi al mondo dell’arte e della recitazione che in fondo è tutto un gioco di interpretazioni, talvolta sorprendenti e che sono potenzialmente infinite.
Cosa consiglieresti a un giovane che sogna di intraprendere la carriera di attore? Quali strumenti, esperienze o studi ritieni fondamentali?Il teatro è un lavoro e suggerirei di non dimenticarsene mai. Forse è un lavoro “atipico” con delle caratteristiche specifiche e probabilmente delle fortissime motivazioni intrinseche a chi vuole praticarlo. Dunque suggerirei di coltivare sempre la propria abilità di lettura e interpretazione con la visione di spettacoli, esperienze culturali e artistiche, pratica ed allenamento continui. Ma mantenere sempre una lucidità di sguardo che consenta di orientarsi nel mercato del lavoro in maniera consapevole. Per tali ragioni mi sembra che in questo momento sarebbe auspicabile un percorso di formazione all’interno dei teatri a vocazione pubblica che siano anche produttori, su tutti naturalmente mi vengono in mente la Scuola di Teatro del Piccolo Teatro di Milano, l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” e la scuola di teatro del Teatro Nazionale di Torino. Naturalmente ce ne sono tantissime altre valide (ad esempio la scuola di teatro dell’INDA offre una formazione molto specifica ed unica nel suo genere in Italia a mio avviso molto al passo con i tempi). Non escluderei a priori anche un percorso universitario, sia per l’impostazione metodologica che richiede, sia perché oggi fare l’attore o l’attrice mi pare non significhi più solo fare spettacoli. Dunque, vengono richieste maggiori competenze trasversali anche in ambito culturale. Infine credo che tutto debba essere sostenuto da una fervida convinzione, determinazione, attitudine all’ascolto e, al tempo stesso, una grande “onestà” con sé stesse e stessi. A me hanno aiutato le parole di Rilke rivolte a un giovane poeta che gli chiedeva se secondo lui avrebbe avuto la possibilità di diventare scrittore. Scrittore, scrittrice, attore o attrice in fondo sempre rappresentanti della realtà con strumenti diversi. Consiglierei di leggere quella lettera di cui porto sempre con me questo passaggio: si chieda, nel pieno della notte: devo scrivere? Scavi dentro sé stesso per trovare una risposta. E se questa sarà affermativa, se risponderà a questa profonda domanda con un convinto e semplice “sì, devo”, allora costruisca la Sua esistenza attorno a tale necessità.
Biografia | Michele Dell’Utri. Classe 1983. Attore e curatore di spettacoli e progetti di formazione teatrale per le scuole, le università ed il pubblico; laureato e specializzato con lode in Didattica, Teatro e Tecnologia, inizia da giovanissimo l’attività professionale collaborando con i maggiori Teatri Nazionali. Attore per il Teatro di Roma ed Emilia Romagna Teatro Fondazione (Il ratto d’Europa. Per un’archeologia dei saperi comunitari diretto da Claudio Longhi – premio speciale Ubu 2013), Teatro della Toscana ed ERT (Carissimi padri, I pugni ricolmi d’oro e Istruzioni per non morire in pace. Patrimoni, Rivoluzioni, Teatro di Paolo Di Paolo, regia Claudio Longhi), ERT (La classe operaia va in paradiso da Elio Petri, La commedia della vanità di Elias Canetti, Il peso del mondo nelle cose di Alejandro Tantanian, regia Claudio Longhi, Wet Market di Paolo Di Paolo; Lorca sogna Shakespeare in una notte di mezza estate di Davide Carnevali). Ha curato per ERT Teatro Nazionale il progetto di formazione teatrale per le scuole di Bologna “Così sarà la città che vogliamo – Dire, Fare, Fondare” ed è stato docente nella scuola per attori “Iolanda Gazzerro” e nei corsi di alta formazione. Ha lavorato anche con l’Istituto Nazionale del Dramma Antico (Irene Papas, Giorgio Albertazzi, Massimo Popolizio, Mauro Avogadro, Elisabetta Pozzi, Paul Curran), con il Teatro Massimo Bellini di Catania e con il Teatro Biondo di Palermo (attore e drammaturgo in Le voci di Didone con Galatea Ranzi). È il coordinatore della sezione “Fernando Balestra” dell’Accademia dell’INDA, per la quale ha curato numerosi progetti ed eventi (Proagòn, il coro dei Mille, Giornata Mondiale del Rifugiato con UNHCR). Ha realizzato laboratori di formazione all’Università di Messina, Virginia Commonwealth University, Università di Bologna, Università di Roma Tor Vergata, Università di Siena. È stato nella commissione preliminare del 57° Premio Riccione per il Teatro. Ha collaborato con Rai Radio 2 per la trasmissione Caterpillar per la quale ha curato anche Vox Populi – un corso di educazione vocale ed il Coro dei contribuenti. Per il Piccolo Teatro di Milano: è stato diretto da Massimo Popolizio in M Il figlio del secolo; ha curato il progetto Diario futuro. Un laboratorio di accoglienza teatrale per gli ospiti ucraini della Casa dell’Accoglienza “Enzo Jannacci” e alcuni workshop per studenti, docenti e cittadini; nelle stagioni 22/23, 23/24, 24/25 ha preso parte a Il barone rampante di Italo Calvino, diretto da Riccardo Frati, al progetto teatrale Il teatro tiene banco con Davide Carnevali; ha realizzato la drammaturgia e la regia di Benvenuti al Piccolo! Nel paese di Teatro per le scuole primarie e Green tour dell’isola degli alberi per le scuole secondarie, ha curato il coordinamento artistico dell’edizione milanese dello spettacolo VajontS 23, azione corale di teatro civile con Marco Paolini; infine ha recitato nello spettacolo di Claudio Longhi Ho paura torero, tratto dall’omonimo romanzo di Pedro Lemebel ancora in scena nella stagione 2024/2025 nella quale prosegue la collaborazione con il Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa.
Laureata in Giornalismo e Cultura editoriale all' Università di Parma nel 2018. Ha collaborato con italianradio.eu come articolista e conduttrice radiofonica di Radio Pizza Olanda, il canale di informazione per gli italiani residenti nei Paesi Bassi. Dopo una breve esperienza formativa negli studi di Radio ART si è trasferita in Svizzera e attualmente vive a Montreux. Appassionata di musica, moda, cinema e tecnologia.
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