
Si è tenuto mercoledì 28 dicembre alle ore 20 nella splendida cornice della sala del Cenacolo del convento di San Francesco e Sant’Antonio di Cava de’ Tirreni la presentazione del libro “Una gioia mai provata”, di Padre Enzo Fortunato (edizioni San Paolo) che racconta la nascita del primo presepe. Il libro al primo posto nella classifica tra i best seller della fede stilata da Avvenire ha visto un parterre di tutto rispetto: il sindaco della città Vincenzo Servalli ha aperto la serata coi i saluti istituzionali, poi l’Arcivescovo della Diocesi Amalfi-Cava Mons.Orazio Soricelli e Fra Pietro Anastasio, padre guardiano del convento di San Francesco e Sant’Antonio che ha fatto il padrone di casa ed ha avuto l’onore di introdurre padre Enzo.
Francesco Romanelli, presidente dell’associazione giornalisti di Cava e Costa d’Amalfi ” Lucio Barone” organizzatore della serata con Enrico Passaro, Capo Ufficio Vicario dell’ufficio del Cerimoniale di Stato e per le Onorificenze alla Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno colloquiato con l’Autore. A condurre la serata, il prof. Franco Bruno Vitolo.
Padre Enzo, nel suo libro ha ripercorso la storia della nascita del presepe 800 anni fa, esattamente quando vide la luce in una grotta di Greccio grazie a San Francesco, che lo inventò nel 1223. Sì, sono passati ottocento anni e ancora oggi quel presepe continua a rivivere nelle case di uomini e donne che seppure sempre di corsa , si inchinano davanti al mistero della vita che nasce e si rinnova ogni anno. Ritrovare nel volto di Giuseppe, Maria, il bambino Gesù, i Magi e i pastori, significa ritrovare una nuova umanità che ogni giorno si dispiega e si dipana e soprattutto ci ricorda gli ultimi, i dimenticati, gli afflitti, i sofferenti che solo nella Provvidenza divina possono trovare un senso alla loro vita.
Perchè proprio a Cava la presentazione del libro di Padre Enzo Fortunato? Perchè a Cava de’ Tirreni si trova un presepe di antichissime origini. L’arrivo dei francescani nella città metelliana si fa risalire al 24 febbraio 1501: i seguaci del poverello di Assisi decisero di allestire il primo presepe proprio davanti alla Sacrestia nella zona chiamata Cappella del Santo Presepe. Questa tradizione si è portata avanti nel tempo ingrandendosi sempre di più fino ai principi del 900 quando il presepio si allestiva nella navata destra della chiesa. La storia ci racconta che la rappresentazione presepiale composta contava mille personaggi tra pastori e animali risalenti al settecento e ottocento. Tra le statuine ce ne erano alcune dello scultore cavese Alfonso Balzico. Col terremoto del 23 Novembre 1980 la chiesa di S.Francesco andò distrutta e anche il presepe allestito sotto la navata sinistra danneggiato notevolmente; per fortuna buona parte dei pastori salvati e recuperati grazie alla tenacia dei frati minori e di alcuni cavesi quali il maestro ceramista Alberto Bucciarelli ed alcuni esperti dell’arte presepiale tra cui Pasquale Milite. Col tempo il presepe del Convento di San Francesco ha ripreso nuova linfa e ancora oggi costituisce una grande attrattiva per tanti forestieri che dai primi di novembre fino alla fine di gennaio, si recano qui per visitarlo. Allestito al primo piano di un’ala del convento, copre una superficie di mille metri ed è una fedele riproduzione del presepe settecentesco napoletano con le sue particolari ambientazioni, con la riproduzione della natività, la vivace gestualità dei personaggi intenti nelle loro abituali occupazioni, con gli elementi decorativi curati nei minimi particolari; insomma si coglie quel microcosmo della società napoletana unica e molteplice nel suo genere e perché no contaminata da etnie e culture che già all’epoca influenzavano mode e stili oltre che usi e costumi. La fantasia dei maestri presepiali napoletani trova qui ampio sfoggio nello stile opulento orientale che si esprime negli abiti, nelle stoffe damascate, impreziosite da gioielli, smeraldi, bottoni di corallo, negli inserti di raso e velluto, nella particolarità delle armi e degli strumenti musicali, nella ricchezza degli ambienti sapientemente riprodotti, nella rappresentazione di alcuni personaggi tipici del presepio del settecento. Questi, gli elementi di maggiore pregio del presepe di San Francesco in cui non è difficile scorgere un dualismo che è sempre esistito: la coabitazione di pastori e villici, borghesi e suonatori, mori e levantini che non è solo l’immagine di un tempo passato, mai tramontato, ma è soprattutto segno dei tempi dove una possibile convivenza tra vecchio e nuovo, tra occidente ed oriente oggi è sempre più auspicata.
Il mistero del Natale, testimonianza autentica della potenza dell’incarnazione che resiste al tempo e permane nonostante tutte le possibili banalizzazioni o distorsioni, quello per cui San Francesco lodava le meraviglie del creato, non conoscerà mai limiti, perché in una quotidiana comunicazione con il Salvatore riconcilia con le nostre fragilità e orienta sempre nella direzione della speranza.

Foto tratte dal profilo facebook di Francesco Romanelli