
Dalla nostra inviata negli Stati Uniti d'America
ATTENDENDO GLI OSCAR: sul perché ha ancora senso guardare la cerimonia nonostante il calo del successo.
We are almost at the 95th Academy Award Ceremony and I’ve tried to think about the reasons why watching the Oscars makes sense, despite it all.
Da circa dodici anni a questa parte una domenica notte all’anno una ragazza italiana resiste al sonno per guardare per intero la notte degli Oscar. Quando frequentavo l’Università era più semplice perché riuscivo ad organizzarmi tra un esame e l’altro, a partire dall’ingresso nel mondo del lavoro, invece, ho dovuto abbandonare con mio sommo rammarico la prassi della diretta e adeguarmi alla meno entusiasmante replica, il giorno successivo, negandomi poco prima e dopo qualunque accesso ai social o alle testate per conservare il brivido della scoperta. Quest’anno sono negli Stati Uniti, più o meno sullo stesso fuso della California, e la cerimonia potró guardarla di nuovo in diretta, domenica 12 marzo al pomeriggio dal divano della mia casa a New Haven.
Chi ha una grande passione per il cinema – e non solo – non puó sottrarsi a questo appuntamento amoroso, dalle sfilate patinate e le interviste flash sul red carpet alla cerimonia piena di colpi di scena non solo cinematografici. Anche se si tratta dell’evento attraverso il quale la più grande industria cinematografica celebra se stessa e sempre meno la migliore qualità filmica dell’anno trascorso, resta un momento imperdibile che getta le basi per il futuro del mondo del cinema in termini di tendenze, temi, protagonisti del settore, insomma tutto ció che vedremo o che desidereremo vedere successivamente dipenderà da questo avvenimento.
Facciamo qualche cenno storico per contestualizzare.
Il premio Oscar non é soltanto il riconoscimento cinematografico più prestigioso al mondo, ma anche il più longevo, poiché viene assegnato per la prima volta nel maggio del 1929 per celebrare la cinematografia hollywoodiana. L’attribuzione é sempre accompagnata dalla consegna di una statuetta in bronzo placcata oro 24 carati – tranne che per qualche manciata di anni in cui per paura che la rubassero o vendessero venne realizzata di gesso – raffigurante un uomo su una bobina che stringe tra le mani una grossa spada luccicante. Il nome reale di questo premio é Academy Award of merit (premio di merito dell’Accademia), soppiantato nel 1931 dal titolo più conosciuto di Oscar da quando una bibliotecaria dell’AMPAS nel guardare la statuetta esclamó: “sembra proprio mio zio Oscar”. Ecco che una donna impreziosí un riconoscimento dalle fattezze molto maschili. Nella mia memoria sono cristallizzate le sequenze di uno show sfavillante, ricco di grandi discorsi, lacrime e performance altisonanti, ma gli Oscar non si esauriscono nella fulgida rassegna di qualche ora: l’organizzazione è lunga e ingarbugliata, a partire dai processi di presentazione e di votazione dei film che sono trai i più complessi che io abbia mai letto ma, tranquilli, non staró qui a spiegarveli nel dettaglio. Vi basti sapere che sono le case di produzione delle opere cinematografiche a proporle – e spesso i film sono realizzati proprio con l’intento di fare questo salto, soprattutto in termini di budget – e che é l’Academy a giudicarle prima per l’accesso alle categorie finali e poi per decretarne i vincitori. La giuria d’eccezione era composta originariamente da sole cinque persone, mentre oggi ne conta quasi 10000: si tratta di esperti del settore che, su invito del Board, vengono chiamati a votare per le proprie categorie di riferimento, eccetto che per il miglior film, d’animazione e documentario per cui si vota tutti, nessuno escluso. É stato interessante scoprire che solo nel caso del miglior lungometraggio ad ogni giurato é richiesto di esprimere una graduatoria di tre film, secondo indice di gradimento, pertanto possiamo dire senza indugi che in quel caso non é forse il film meglio realizzato a vincere ma quello più amato.
Il calo degli ascolti
Nel tempo intorno a questo evento sono subentrate logiche di business molto articolate e stratificate che rendono difficile cogliere le ragioni alla base dei meccanismi di esclusione dalla rosa o di attribuzione dei premi, anche se la corrispondenza tra i titoli che vincono gli importanti riconoscimenti precedenti agli Oscar – Bafta e Golden Globe per citarne alcuni – e quelli premiati dall’Academy hanno rappresentato di recente un’anticipazione di ció che accade agli Oscar, privando la cerimonia di un po’ di magia. Non é solo per questo che le ultime edizioni della kermesse hanno registrato un calo rilevante degli ascolti, con il picco in basso massimo raggiunto nel 2022. Oltre ad elementi più generali che riguardano la crisi del rapporto tra pubblico e cinema – in particolar modo tra pubblico e luogo cinema – ultimamente sembra che a uscirne vittoriosi siano i film meno “popolari” e più di nicchia o con una cassa di risonanza minore negli spettatori. In passato, infatti, vi era una maggiore circolarità tra successo al botteghino e premi importanti: a riprova di ció, é imprescindibile menzionare Via col vento, Tutti insieme appassionatamente, Il Padrino o Titanic.
Le piattaforme streaming
Le piattaforme di streaming hanno accelerato questo processo di disgiunzione, andando a costituire la nuova casa per addetti al mestiere con capacità, volontà o necessità di sfornare prodotti più popolari – dunque i nuovi blockbuster come quelli in serie – e ad occuparsi del cinema rappresentato agli Oscar sono rimasti registi e sceneggiatori con meno pressione di strizzare un occhio al botteghino e con più libertà di lanciarsi in realizzazioni maggiormente audaci, personali, magari più divisive ma attrattive per un pubblico alla ricerca di scossoni nella visione. Questa polarizzazione, da una parte i prodotti più visti dagli spettatori dall’altra le opere di target opposto, ha portato ad accuse di elitarismo contro l’Academy che ancora fatica a dare visibilità a film di grande successo riscontrato soprattutto tra i giovani, come saghe e opere tratte da fumetti. Alcune misure sono state già adottate, ad esempio l’estensione a dieci titoli nella rosa dei candidati a miglior film o l’attenzione a volte spasmodica nei confronti di una maggiore inclusività nelle liste, ma i fatti affermano che spesso non hanno chance di vincere.
Popolaritá e qualità
Popolarità e qualità non sono sempre sovrapponibili ed una delle sfide più importanti che l’Academy si troverà ad affrontare nei prossimi anni per sopravvivere sarà proprio sanare la distanza con il pubblico, oltre ad una rappresentazione più estesa delle maestranze femminili o di altre comunità come quella afroamericana. E allora nel tener conto di tutti questi elementi, c’é la possibilità che lo sguardo sul prodotto cinematografico risulti cosí tanto filtrato da perderne mente e cuore nel giudizio complessivo. Lo scopo di queste riflessioni è, in ogni caso, sempre quello di mantenere la complessità del discorso, e perché no, far permanere anche argomentazioni discordanti. Da spettatrice, l’idea della coesistenza di un approccio sognante ed un altro razionale mi pare quello di gran lunga più “rivoluzionario” e li trovo entrambi ben canalizzati nella categoria di miglior film che considero la più emozionante, non a caso é sempre l’ultima di cui si proclama il vincitore.
I pronostici
Quest’anno le agenzie di scommesse e le grandi testate giornalistiche non hanno alcun dubbio: Everything everywhere all at once (abbreviato EEAAO) é il lungometraggio in testa che distanzia di molto secondo e terzo in graduatoria. Si tratta di un’assurda epopea ambientata tra un negozio di lavanderia a gettoni gestito da una famiglia cinese e universi paralleli, in un equilibrio impressionante tra commedia, dramma, fantascienza, animazione e fantasy. Si tratta di un film scritto diretto e coprodotto da Daniel Kwan e Daniel Scheinert – i cosiddetti Daniels – i quali hanno di recente firmato un contratto di cinque anni con la Warnes Bros con assoluta libertà di realizzazione di qualunque prodotto desiderino e che all’età di 35 anni stanno per approdare ad un traguardo incredibile. Qualora si verificasse, sarà interessante vedere la reazione di uno dei registi più acclamati di Hollywood, ovvero Steven Spielberg, che quest’anno gareggia con il film più personale della sua carriera, The Fabelmans. E mi piacerebbe molto che ad orientare le produzioni cinematografiche dei prossimi anni fosse proprio EEAAO, perché c’é urgente bisogno di immaginazione.
Immagine tratta dal web