“Pagliacci” | Teatro Reggio di Parma


Dal nostro inviato a Parma, Pasquale Ruotolo


La stagione lirica 2023 al Teatro Regio di Parma si conclude con la rappresentazione del dramma in un prologo e due atti “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo, autore di musica e libretto.
La prima, andata in scena venerdì 5 maggio, ha incontrato il pieno consenso del pubblico entusiasta, grazie specialmente ad un superlativo Gregory Kunde e allo storico appariscente allestimento di Franco Zeffirelli, di cui si celebra il centenario della nascita.

Il racconto di “Pagliacci”, che si basa su una tanto perfetta quanto inquietante mescolanza di realtà e finzione, ha sempre appassionato e conquistato generazioni di spettatori.
Ispirato da una vicenda di cronaca nera realmente accaduta il 5 marzo 1865, con l’assassinio del giovane ventiquattrenne Gaetano Scavello, ex domestico di Leoncavallo, ucciso mentre usciva da un teatro di saltimbanchi, il compositore trasse dall’episodio spunti e motivazioni per generare quella che, ancora oggi, è l’opera emblema del suo genio creativo.

Regia e scene di Zeffirelli vengono ripresi rispettivamente da Stefano Trespidi e Carlo Centolavigna.
Non ci si può non soffermare su quest’allestimento.
Zeffirelli ambienta la vicenda in meridione (a Castellammare di Stabia, nel napoletano, come è scritto sul manifesto pubblicitario affisso).
Sul palco tantissime persone che simboleggiano gli strati sociali più disparati: ci sono due carabinieri, due marinai che cercano consolazioni facendo e ricevendo moine da ragazze leggere, popolani, contadini, bambini in festa (uno di essi indossa la maglia del Napoli calcio marchiata Buitoni, appartenuta a Maradona, su cui è stampato il tricolore simbolo della vittoria dello scudetto), prostitute, travestiti, una coppia di fidanzati che dallo scambio di innocenti effusioni finisce col litigare.
C’è una ragazza in bicicletta, compaiono monocicli, una macchina e un vecchio modello di Vespa Piaggio.

E poi, il matrimonio: la sposa con lo sposo arrivano in piazza e in molti cercano la foto ricordo mentre qualcuno lancia del riso a benedire l’unione dei giovani.
Il fondo del palcoscenico è tutto occupato da un palazzina cadente, l’impalcatura segnala la necessità di lavori di ammodernamento dell’edificio.
Non manca un bar, un’officina e un chiosco adibito alla vendita di bibite e gelati.
Dietro ai balconi degli appartamenti della palazzina di due piani si scorgono individui che guardano la televisione (passano spot anni ottanta, una vecchia sigla del tg1 e c’è spazio per un programma condotto da una giovane Rosanna Lambertucci).
Non mancano i panni (e persino tappeti) stesi e diversi sacchi di immondizia bene ordinati, collocati in strada.
Ciò che affascina è che tutti questi personaggi non fanno da contorno ai protagonisti principali, ma vivono ciascuno la propria storia per cui concentrarsi su alcuni significa escludere dalla propria attenzione altri.
Quando arriva il camper con Pagliaccio e i suoi colleghi è festa grande e finalmente tutto si ferma perché il momento reclama partecipazione totale (Evviva! il principe se’ dei pagliacci!).

Canio-Pagliaccio è interpretato dal tenore Gregory Kunde che offre una performance eccellente al punto che, alla fine del primo atto, gli applausi scroscianti che stentano a concludersi determinano, per il giubilo degli astanti, la concessione del bis di “Vesti la giubba”, a sipario calato, con l’occhio di bue che illumina la figura del tenore americano.
Kunde presenta Canio per come esso è realmente: un individuo arrogante, impulsivo, vendicativo.
Il testo dell’aria iniziale “Un tal gioco credetemi”, oltre a mettere in rilievo gli aspetti più oscuri della sua personalità, anticipa il corso della storia o, meglio, svela come potrebbe finire la commedia.
In “Vesti la giubba” Kunde esprime a perfezione attraverso un canto ora sommesso, ora dolorosamente partecipato, con un crescendo da brividi, lo stato d’animo che Pagliaccio sta vivendo.
Solo in questa occasione egli, innamorato tradito, non prova rabbia, ma un senso di delusione che lo sta sconvolgendo e che deve nascondere truccandosi per bene il viso perché lo spettacolo incombe e “la gente paga e rider vuole qua”.
L’agitazione e l’ira emergono, invece, nell’aria conclusiva “No Pagliaccio non son”: la rabbia di Canio è ormai incontenibile e la strage è imminente.

Il soprano partenopeo Valeria Sepe porta in vita una convincente Nedda (Colombina nella commedia dei pagliacci).
Moglie di Canio-Pagliaccio, lo tradisce con il contadino Silvio, interpretato dal baritono Alessandro Luongo.
Il duetto tra i due è una tenera manifestazione d’amore, macchiata però dalla triste realtà dell’adulterio.
La Sepe è gradevole e precisa nell’esecuzione della non semplice aria “Stridono lassù”, dove emerge la capacità tecnica dell’artista che deve tenere sotto controllo, e lo fa egregiamente, il suo consistente impianto vocale.

L’esperto baritono bulgaro Vladmir Stoyanov interpreta il ruolo di Tonio (Taddeo lo scemo nella commedia ), figura centrale nella vicenda.
Respinto dalla desiderata Nedda, metterà Canio al corrente del tradimento della donna indicandogliela mentre è stretta al suo Silvio.
A Stoyanov tocca anche il ruolo del Prologo, un personaggio concreto che dopo la Overture iniziale presenta al pubblico le intenzioni che Leoncavallo ardisce rivelare con il suo lavoro.
Il cast è completato dal tenore Matteo Messaro (Peppe, Arlecchino nella commedia).

La direzione di “Pagliacci” è affidata al Maestro Andrea Battistoni che guida, con la gestualità e le movenze che contraddistinguono la sua maniera di rapportarsi agli strumentisti, i musicisti dell’Orchestra dell’Emilia Romagna Arturo Toscanini.
Battistoni si lascia prendere dalla musica, sembra emozionarsi, è coinvolgente.
Il coro è stato preparato dal Maestro Martino Faggiani; il coro delle voci bianche, invece, dal Maestro Massimo Fiocchi Malaspina.
L’ultima recita di “Pagliacci” (quattro in totale, gli appuntamenti), sarà il 14 maggio.


Fotografie ufficiali di Roberto Ricci



Pasquale Ruotolo, docente nei Licei Musicali, è laureato in Sociologia, Musicologia e diplomato in Pianoforte Principale. Giornalista pubblicista iscritto all’Odg Campania e all’Assostampa Campania Valle del Sarno, ha pubblicato con AeM editore nel 2009 il romanzo “Per te” e, nel 2020, con Echos, il romanzo “Anime gemelle”.