
Lirica | Recensione
Non brillano le stelle nel cielo di Verona, la sera di giovedì 7 settembre, ma poco importa.
Le stelle sono sul palcoscenico e contribuiscono, ciascuna a suo modo e in base allo spazio che la vicenda le attribuisce, a portare in scena una davvero bella Butterfly.
Ultima delle quattro recite previste in questa calda stagione all’Arena, la dolcissima e struggente Tragedia giapponese in tre atti di Giacomo Puccini, su libretto di Giovanni Illica e Giuseppe Giacosa, commuove come prevedibile il pubblico che riempie compatto gli spalti del glorioso anfiteatro veneto. I posti lasciati vuoti sono pochissimi.
Madama Butterfly è un titolo sinonimo di successo, di passione, di compassione.
Bisogna infatti avere un cuore duro per non immedesimarsi nella triste storia della piccola Cio Cio San, presa in giro dall’Ufficiale della Marina americana Pinkerton che la seduce, approfittando della sua ingenuità e trasparente bontà, per poi abbandonarla ad un ingiusto destino.
Ben diretta dal sempreverde Daniel Oren (si corre il rischio di essere ripetitivi fino alla noia, ma è delizioso osservare il Maestro quando, straripante di quella grinta che comunica con i suoi brevi e noti concitati richiami agli orchestrali, agita le braccia pienamente soggiogato da una partitura che conosce quanto se stesso), la Butterfly areniana vanta regia e scene curate da Franco Zeffirelli, nell’ allestimento inaugurato nel lontano 2004 proprio sul palcoscenico dell’Arena.
I sentieri parte integrante di un vasto territorio pietroso e quella casetta che da nido d’amore si muta in luogo che accoglie speranze, sofferenze e diventa infine teatro della drammatica scelta che Cio Cio San fa sua perché “Con onor muore chi non può serbar vita con onore”.
E quante sono le comparse, in grado di impreziosire uno spettacolo che illumina di entusiasmo gli occhi degli spettatori.
La protagonista della serata è il soprano lituano Asmik Grigorian che raccoglie abbondanti e meritati applausi (c’è chi urla “bis” al termine della toccante interpretazione della celeberrima aria “Un bel di vedremo”, che paralizza il pubblico che sembra trattenere il fiato), conseguenza di una performance che rivela sicurezza, talento e capacità tecniche notevoli.
La sua voce risuona, potente e raffinata, nell’Arena. La dizione è perfetta, gli acuti precisi e intonati, mai gridati.
Sembra una diva, la Grigorian, al centro del palcoscenico.
Il tenore Piero Pretti è un Pinkerton dalla doppia personalità e presenta un personaggio che, se nel primo atto gioca con il console degli Stati Uniti a Nagasaki Sharpless in merito al matrimonio organizzato con Cio Cio San, alla fine mostra tutto il suo lato umano cantando il suo forse sincero pentimento per aver condotto indirettamente alla morte la timida quindicenne.
Magra consolazione, per Butterfly riuscire a percepire il suono della sua voce che la chiama urlando tre volte il suo nome, mentre ella è in agonia, appena dopo essersi suicidata.
Pretti da il meglio di se specialmente nei duetti (con Cio Cio San e Sharpless), ha una voce importante che ben controlla, padroneggiandola.
Sofia Koberidze, mezzosoprano e nota lieta della stagione Opera Festival 2023, presenta una Suzuki devota, affettuosa e rassegnata alla conclusione infelice della storia d’amore che la sua padrona sognava di vivere.
Il suo è un canto essenziale, pulito, piacente.
Sharpless è interpretato da Gevorg Hakobyan, al debutto all’Arena. Favorito anche dalle gradevoli melodie che accompagnano il suo essere in scena, il baritono armeno ha un timbro scuro, a tratti cupo, ben rifinito.
Non sfigura un’altra esordiente all’Arena, la ventiseienne Marta Pluda, nelle vesti di Kate Pinkerton.
Il suo personaggio, lungi dal desiderare la caduta di Cio Cio San, arriva addirittura a commuoversi provando empatia nei suoi riguardi.
La Kate di Pluda non suscita risentimento: è una donna elegante e, alla fin fine, innocente.
Molto positiva anche la prestazione del tenore Matteo Mezzaro (Goro).
A completare il cast Italo Proferisce (il principe Yamadori), Gabriele Sagona (lo zio Bonzo), Gianfranco Montresor (l’Ufficiale del registro), Federica Spatola (la madre di Cio Cio San), Valeria Saladino (la cugina).
I costumi, meravigliosi e adatti al contesto, sono a cura del premio Oscar Emi Wada, Orchestra, Coro, Ballo e Tecnici della Fondazione Arena di Verona.
Maestro del Coro Roberto Gabbiani e infine, Coordinatore del Ballo Gaetano Petrosino.

Fotografie | Crediti: Ennevi