Premio Paolo Leonelli 2023 | QUANDO LA PASSIONE VA IN SCENA: ANITA MOSCA

Premio Paolo Leonelli 2023


Assistere a uno spettacolo teatrale con Anita Mosca è un’esperienza coinvolgente che trasporta lo spettatore in uno spazio e in un tempo fatto di partecipazione, di passione. Lei riesce ad appropriarsi dei personaggi attraverso le movenze, attraverso la voce fino mia toccare le corde profonde dei sentimenti dello spettatore.

Attrice poliedrica che ha fatto dell’attaccamento alla sua terra un tratto che fortemente contraddistingue tutta la sua produzione, la sera del 24 novembre 2023 sarà premiata alla sesta edizione del Premio Paolo Leonelli nella sezione teatro in quanto con il suo lavoro ha promosso la cultura e la bellezza dell’identità territoriale della Penisola Sorrentina in Italia e nel Mondo.


L’INTERVISTA


Il teatro ha il potere di metterci in contatto con le nostre emozioni più profonde. E per lei cos’è il teatro? Una malattia salvifica. Una vocazione, qualcosa a cui non ho potuto e voluto sottrarmi. Un mondo parallelo dove si vive il privilegio e l’onere di trattare continuamente una materia sensibile, l’umano, nelle sue più complesse scanalature. Non solo in scena con il lavoro sul personaggio e/o su scritture altre, che propongono piuttosto figure, voci, evocazioni, ma anche fuori scena, perché il Teatro non è mai un atto solitario, non potrebbe esserlo per definizione. È piuttosto una cerimonia laica, che si realizza nell’incontro tra chi rappresenta e chi assiste, legati da un patto di ascolto e uniti nello stesso intento di raggiungere, attraverso la rappresentazione, un momento di eternità. È proprio in questo momento, quando le coordinate spazio-tempo si superano, avviene nella mia visione, la catarsi di cui ci parla Aristotele. Ossia l’espurgazione di emozioni e sentimenti, il lavaggio e la rigenerazione dell’anima, che ci permettono di tornare alla realtà con rinnovate energie.

Come è avvenuto il suo incontro con le tavole del palcoscenico? Ho avuto la fortuna di incontrare una donna straordinaria, colta, coraggiosa e visionaria al Liceo che frequentavo a Castellammare di Stabia (NA), Camilla Scala, attrice, regista e oggi scrittrice, che aveva fondato un gruppo di giovanissimi attori, Teatro&Dintorni. Ne entrai a far parte ancora adolescente. Tra tutte le eccezionali esperienze vissute in quegli anni, mi piace ricordare la partecipazione al Festival di Avignon con lo spettacolo Canti, scritto e diretto da Camilla Scala e creazione dei movimenti a cura di Paola Carbone, che metteva insieme appunto, tradizione e sperimentazione. Beh, fare un’esperienza così, poco più che ventenne, in uno dei festival ancora oggi più importanti d’Europa, dove incontrammo attori, registi, drammaturghi, artisti di mezzo mondo, mi aprì lo sguardo in una maniera, beneficamente, irreversibile.
Tra i suoi lavori ricordiamo, Dentro la notte, La svergognata, La cena, Interno familiare, Eleonora, 99, Chincaglie, e in ultimo, Doppio specchio, che debutterà prima al San Carluccio di Napoli a febbraio, e poi a Sala Ichòs di San Giovanni a marzo, durante l’attuale stagione teatrale 2023/2024.

Quali sono le motivazioni che la portano a scegliere di interpretare un determinato personaggio? Dunque, gli spettacoli qui citati sono mie drammaturgie originali, che io stessa ho poi messo in scena come regista ed attrice. Per i miei progetti autorali non penso esattamente in termini di personaggi, ma piuttosto di atmosfere, evocazioni, voci. Potrei dire che la mia scrittura teatrale lavora più su figure sghembe, frangibili, archetipiche, brandelli di umanità che tendono a raccontare l’universale attraverso schegge di vite esplose in scena, anche se inevitabilmente calati nei luoghi che hanno segnato la mia infanzia e la mia adolescenza, Castellammare di Stabia e la costiera sorrentina, appunto. Di questi luoghi mi interessano gli usi, le tradizioni, le atmosfere, la phoné e le variazioni diatopiche, semplicemente perché ne sono intrisa, perché la mia lingua madre è indubbiamente il napoletano, la lingua in cui piango e rido, le due manifestazioni emotive più intime e incontrollabili per ognuno di noi, se vogliamo.

Perché ha deciso di dedicarsi anche alla regia? Il mio interesse per la regia è nato per diversi motivi. Dirigere e auto-dirigermi in teatro, da un lato, potrei dire, che sia avvenuto naturalmente. Mi rendo conto che particolarmente auto-dirigersi in teatro è qualcosa di arduo e complesso, che presenta sfide e criticità tortuose. Eppure fa parte della nostra linea di Tradizione, vicina e lontana, a cui sento, irriverentemente, di appartenere, da Scarpetta, De Filippo, Viviani, Ruccello a Moscato, la pratica di auto-dirigersi, che mi risulta così naturalmente, o forse chissà, ingannevolmente, necessaria in un progetto di teatro autorale. Ha inoltre contribuito ad alimentare il mio interesse per la regia, la necessità e l’urgenza che sentivo fin dai primi esordi, di rendermi indipendente per realizzare i miei progetti autorali.

“Nel teatro si vive sul serio quello che gli altri recitano nella vita” affermava il grande Eduardo De Filippo. Quanto la realtà entra nel suo teatro? Direi tanto. Anche se in maniera distorta, simbolica, alterata come in un sogno. Quando mi capita di rileggere un mio testo dopo molto tempo, dopo alcuni anni per esempio, mi ricordo la polifonia di voci che hanno dato spunto a quelle parole, poi fissate sulla pagina in una forma libera, che più mi piaceva in quel momento. Molto spesso si tratta di voci ascoltate e scene alle quali ho realmente assistito, fuse insieme ad elementi fittizi, e che però, proprio nella finzione, diventano più incisive della stessa realtà vissuta anni addietro.
Che cosa si augura resti agli spettatori dei suoi spettacoli?
L’inquietudine. Quella sana, costruttiva che ti porta a formulare delle domande sul sé-universo e sul mondo-universo, che ti invita ad allargare lo sguardo, a decifrare la bellezza. Credo nel Teatro capace di consegnare domande allo spettatore. E credo anche, che porsi le giuste domande sia fondamentale per ogni individuo, nel proprio personale processo di autodeterminazione. In questo senso, il Teatro potrebbe e dovrebbe essere un potente mezzo di formazione di una società che si consideri avanzata. Pirandello: Personagens à procura do autor (2011), Vozes, indagacão no universo feminino (2014).

Perché sente un forte trasporto verso il mondo, la cultura, la lingua portoghese? Ho vissuto dieci anni in Brasile e ho appena concluso un Dottorato di ricerca sulla Teoria della Traduzione del Teatro presso la Universidade Federal de Minas Gerais di Belo Horizonte, in co-tutela con l’Università L’Orientale di Napoli. Il ciclo brasiliano è stato un ciclo ricco di incontri, di studio, di ricerca e di teatro. Ho partecipato con i miei lavori a numerosi festival dove ho potuto conoscere artisti e gruppi significativi, che hanno fatto la storia del Teatro in America Latina, tra i quali il Galpão di Belo Horizonte, Yuyachkani di Lima, La Candelaria di Bogotà, Estudio Teatral di Santa Clara e la rete del Magdalenas Project di Buenos Aires e Brasilia. Durante gli anni barsiliani ho scritto alcuni spettacoli in portoghese, tra i quali La cena, Eleonora,99, Tragédia em gotas.

Il 24 novembre 2023 sarà premiata al Premio Paolo Leonelli nella sezione teatro in quanto con il suo lavoro ha promosso la cultura e la bellezza dell’identità territoriale della Penisola Sorrentina in Italia e nel Mondo. Condivida con noi le sue emozioni. È con particolare emozione che riceverò il Premio Paolo Leonelli. Adesso che il ciclo brasiliano è finito, e sono definitivamente tornata nella mia terra, come Ulisse alla sua Itaca, non potevo essere accolta in un modo migliore, appunto con un premio così significativo come il Paolo Leonelli, che mi accoglie di ritorno proprio nella mia costiera meravigliosa. Fin da subito ringrazio la giuria, Nunzia Miele, tutti i sostenitori e i collaboratori del premio. Aspetto con eccitazione la sera della premiazione. Sarà per me una notte speciale, che assume una valenza simbolica straordinaria nel mio percorso teatrale.



Laureata in Scienze politiche presso l’Università Orientale di Napoli, ha pubblicato due raccolte liriche ottenendo vari riconoscimenti dalla critica. Tra le sue pubblicazioni, i libri per ragazzi “Scricchiolino” (che in modo frizzante ma profondo, narra le difficoltà di crescere di un ragazzino) e “Colpire al cuore” (uno spaccato del mondo adolescenziale d’oggi, presentato nel 2013 al Salone Internazionale del Libro di Torino). E’ addetto stampa per l’Italia del “Festival della Poesia Europea di Francoforte sul Meno”. Nel 2016, ha pubblicato L’ombra della luna nuova A’ storia du rre e’ Castiellammare: una finestra sulla vita di provincia e sull’Italia fascista dei primi del Novecento. Il testo è stato presentato a “Casa Menotti” nell’ambito del Festival dei Due Mondi di Spoleto. Ha pubblicato "Noi siamo un passo avanti".