La principale regola è: salvare gli uomini in mare!

 La nave “Diciotti” è il simbolo di un tema forte che sta mantenendo alto il livello di confronto mediatico a livello mondiale. Un momento di grande tensione e di dialogo complicato quello che sta vivendo la nostra Nazione.

 Abbiamo intervistato l’Ammiraglio Vittorio Alessandro che ha risposto con grande gentilezza alle nostre domande.

 L’Ammiraglio ha subito affermato: “Ci troviamo in una situazione complicata e delicata; mi sento subito di dire che la Guardia Costiera ha seguito le regole che conosce e che applica da sempre. La prima è forse proprio: SALVARE LA GENTE IN MARE e portarla nel primo posto sicuro.”

Una volta che le persone da salvare sono arrivate in un porto sicuro, dopo giorni di navigazione, quali sono i criteri e le priorità affinchè si proceda allo sbarco?

 Senza dubbio sempre lo stesso: mettere in salvo tutte le vite umane. Oggi stiamo assistendo ad un braccio di ferro tra il Governo Italiano e altri  Paesi dell’Unione Europea per far cadere il muro dell’indifferenza e per costruire azioni di sinergia efficace affinchè tutti si facciano carico di questo fenomeno ormai fuori controllo. Tuttavia, non bisogna mai dimenticare che ci sono delle vite umane da mettere in salvo e questo non si può rinviare. Sopra le navi di salvataggio, oltre all’equipaggio, ci sono sempre persone stremate e stanche che hanno bisogno di soccorso. Naturalmente, poi, chi dovrà essere consegnato alla giustizia non potrà sottrarsi al suo destino.

 Ammiraglio, Lei è un siculo, quindi ha il mare nel cuore e, inoltre, ha grande esperienza in materia: nel 2010, ha assunto la direzione delle relazioni esterne del Comando generale, alla vigilia dei grandi arrivi di migranti a Lampedusa. Come riuscì a gestire quell’emergenza? Oggi che cosa è cambiato?

 Forse sono cambiati gli Italiani e la loro condizione di vita: oggi non siamo più di fronte a dei grandi “sbarchi” ma siamo di fronte ad un “esodo”. Da un lato, bisognerebbe riaccendere il senso dell’umanità a livello mandiale; dall’altro, affrontare il problema studiandolo in tutte le sue sfaccettature, cercando di capire come accogliere realmente queste persone. Quando parlo di “accogliere” intendo non solo in senso fisico ma soprattutto dal punto di vista morale, lasciando cadere i pregiudizi e soprattutto le paure. Dovremmo prendere esempio dai bambini, dalla loro spontaneità: quando giocano non notano il colore della pelle e, spesso, non parlano la stessa lingua.

 C’è la sensazione che molti Italiani siano diventati quasi intolleranti verso i migranti, lei che cosa ne pensa?

La paura c’è e per alcuni versi è anche comprensibile ma tutti noi la dobbiamo allontanare: chi alimenta questa vera e propria rabbia verso i migranti rischia, poi, di non riuscirla più a gestire. Io insisto sul concetto fondamentale di “umanità”. Non c’è solo il mare ad unire, ai miei occhi, ad esempio, la Sicilia ed il Libano, Lampedusa e le Cinque Terre: non dimentichiamo le storie di ogni popolazione ma anche di ogni individuo. Non dimentichiamo le difficoltà e le barriere. Lottiamo per trovare soluzioni giuste, ragionevoli e “umane”.

Articolo di Giovanna Passariello

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