Venerdì Santo a Sarno: i Canti delle Croci

Proponiamo qui di seguito ai nostri lettori l’interpretazione di 14 canti delle Croci di Sarno

Tutti questi testi di commento sono contenuti nel libroLe Croci, canto dell’Anima” di Franco Salerno e Viridiana Myriam Salerno. La pubblicazione, inserita nella Collana “Biblioteca di Lyceum”, è stata realizzata nel 2019, come Alternanza Scuola-Lavoro 2016-19 (Progetto di Giornalismo e Laboratorio di Scrittura creativa a cura di MediaVox Magazine), dal Liceo Classico-Scientifico-Linguistico “T. L. Caro” di Sarno. Le introduzioni sono a cura dell’allora Dirigente Scolastico Prof. Giuseppe Vastola e della Profssa Anna Cristina Crescenzi, coordinatrice dei Progetti di Alternanza Scuola/Lavoro Il libro è impreziosito da brani di scrittura creativa, redatti in relazione ai vari canti delle Croci dagli studenti del Liceo.

Ecco la bella Croce

Scegliamo di iniziare l’elenco dei Canti delle Croci di Sarno con “Ecco la bella Croce”, sia perché individua immediatamente il simbolo della Pasqua, la Croce, sia perché la definisce “bella”. In genere noi siamo abituati a dolerci della nostra sofferenza. La Croce diventa invece il “sacro legno” o, meglio, la “chiave che ci apre le porte del Cielo, che erano state chiuse” a causa del peccato.

Teco vorrei
Quella Croce, che prima è stata definita “bella”, il fedele in questo canto la vuole portare insieme a Cristo. Ma il devoto, al tempo stesso, sa che è infermo e lasso (cioè debole a causa della debolezza della carne) e dunque chiede a Dio l’aiuto per non smarrirsi nel labirinto della Vita. Ma la morte insieme a Cristo è già premessa di Rinascita. Si compie così il grande miracolo della Pasqua, che rinnova il cuore di chi crede e spera che la Morte possa esser vinta dalla speranza e dalla fede.

Ai tuoi piedi, o bella Madre
Compare in questo canto l’altra grande figura del Mistero della Pasqua: la Madonna. Ella è colei che resta imperterrita ai piedi della Croce, dove il Figlio è stato condannato, ma dove Egli ha segnato il suo trionfo sul Male. La Vergine diventa perciò l’intermediaria fra Dio e gli uomini, colei che può fare in modo che sangue di Cristo lavi le colpe dell’uomo.

Se il mio Signor diletto
Il fedele dà l’avvio al canto nella prima quartina con un atteggiamento di disperazione e disperato chiede a Pilato il motivo della sua condanna nei confronti di Cristo. Ma poi la situazione si capovolge. Se l’innocenza di Cristo è considerata come colpa, ebbene questa “colpa” diventa per il Cristiano addirittura “bella”. Perciò, anche il morir diventa bello e giusto. Alla fine del percorso di espiazione anche questa “morte” diventerà “morte al peccato” e, dunque, vita.

Fac me Tecum
Il canto è in latino; perciò è opportuno darne la traduzione in italiano: “Fa’ che io pianga pietosamente con Te e che mi dolga insieme a Te per la tua crocifissione, finché vedrò il Tuo volto”. Un testo struggente, che introduce un tema nuovo: quello del soffrire insieme a Cristo, che è uno degli elementi fondanti della Pasqua.

Mio caro Crocifisso
Cristo sta morire, di morte atroce: quella sulla croce, simbolo di sofferenza e di gioia, una volta emblema dell’infamia poi trasformatosi in esaltazione della Salvezza universale. Tremenda e struggente è la descrizione del corpo di Cristo, trafitto dal dolore e con il capo insanguinato per le spine che penetrano in profondità nella carne dell’Uomo-Dio. Inizia ora il processo di identificazione del fedele con Dio, in quanto egli chiama la Croce “il mio caro Crocifisso”.

Già trafitto
Questo canto, che sottolinea la doppia natura di Cristo, uomo e Dio al tempo stesso, inizia con un’immagine crudele ma veritiera, che si dispiega sotto i nostri occhi stupefatti e commossi: la persona del Salvatore è trafitta sul duro legno della Croce. Davanti ad essa, simbolo di martirio e di salvazione, i Coristi invocano la venuta di tutti i fedeli, affinché, assistendo alla morte di Cristo, diventino Suoi imitatori.

Di mille colpe reo
Un altro protagonista della Passione di Cristo è il fedele, l’uomo, che ammette le proprie colpe e in questo canto confessa di essere “di mille colpe reo”, cioè colpevole di molti peccati. Egli non meriterebbe il perdono, concetto fondamentale della dottrina cristiana; ma esprime al tempo stesso la certezza che Dio nella sua infinita bontà vorrà avere misericordia della debolezza umana.

Quando morte col fiero artiglio
Il canto inizia con un tono disperato, in quanto sottolinea l’arrivo della Morte con il suo orrido artiglio; ma poi continua con accenti di commossa speranza, poiché il devoto invoca l’aiuto di Cristo nel momento supremo del “fiero periglio”. Il premio di chi raggiunge lo stato di “grazia di Dio” è la felicità dell’anima, che verrà vissuta insieme ai Beati nel “regno dell’Eterno”.

L’alta impresa
L’ “alta impresa” è quella di Cristo, che è sceso nel Regno delle Tenebre per risalire al Sole della vita e della Grazia. Anzi Cristo, con il suo braccio forte (come forte deve essere la nostra volontà di pentimento), ha fatto precipitare la ria (malvagia) morte negli abissi del Peccato. Ma il pentimento non basta: bisogna aver la forza di rimanere nella Grazia. E’ questo il potente augurio che il fedele rivolge a sé stesso e alla comunità tutta dei credenti.

Miserere
Anche questo canto è in latino, a testimonianza della mescolanza, tipica dei canti delle Croci, fra elementi cólti e elementi popolari. Il testo, struggente e potente, si articola come una grande richiesta di misericordia e di pietà a Dio. I cantori intonano il brano avvalendosi della versione fedele alla tradizione orale. In essa Dio appare come la potenza misericordiosa che libera, anzi monda e purifica, l’uomo, nonostante la sua iniquità.

Figlio
Dio non esita a concedere il perdono a quegli uomini che hanno crocifisso il Figlio. L’amore è dare e chiedere perdono, perché siamo tutti bisognosi e mendicanti di perdono: il perdono, grande aspetto rivoluzionario del Cristianesimo.

Tomba

Questo canto è il penultimo del ciclo della Passione: Cristo, l’Essere eccezionale che è sceso agli Inferi per sconfiggere la Morte, è nella Tomba. Intorno ad essa il cerchio dei fedeli, quelli di allora, quelli di oggi. Ma la Tomba è, al tempo stesso, anche il luogo da cui partirà il momento esaltante della Resurrezione. Nell’avvertire il palpito del corpo morto di Cristo, sentiamo dunque che Egli, pur asceso al Cielo, resta in mezzo a noi.

Dal tuo sepolcro

Con questo canto si chiude il ciclo della Passione, ma si apre il senso stesso della Vita: la sofferenza insieme alla Madonna e a Cristo, modelli divini per il devoto. Il fedele non vuole perciò allontanarsi dal sepolcro di Gesù; anzi vorrebbe morire con Lui. Naturalmente qui si tratta della “morte al peccato” e della “rinascita definitiva alla Grazia”. La Resurrezione si fonda sull’incontro tra Gesù e la Madonna, che in questo canto impersona l’Umanità intera, la quale, se vuole realizzarsi come tale, deve sperimentare l’incontro con l’altro sulla Terra e con l’Altrove nella proiezione verso un orizzonte ultraterreno.

Commenti di Franco Salerno, di Viridiana Myriam Salerno e degli Studenti del Liceo “Tito Lucrezio Caro” di Sarno, Indirizzo classico VB e Indirizzo scientifico V B (anno scolastico 2018-19

Rileggi gli articoli di MediaVox Magazine sulle Tradizioni e i Riti della Settimana Santa di Pasqua

📰 Le Croci, Canto dell’ Anima / anno 2022 – prima parte 👉 https://mediavoxmagazine.it/?p=20590

📰 Le Croci, Canto dell’ Anima / anno 2021👇 https://mediavoxmagazine.it/?p=1280

📰 I Paputi 👉 https://mediavoxmagazine.it/?p=6231

📰 Il venerdì santo: morire per vivere 👇 https://mediavoxmagazine.it/?p=1276

📰 Sacro e profano: la potenza delle Tradizioni. Le croci del Venerdì Santo a Sarno 👇 https://mediavoxmagazine.it/?p=1280 https://mediavoxmagazine.it/?p=1263 https://mediavoxmagazine.it/?p=1219 https://mediavoxmagazine.it/?p=1191

Laureato in Lettere classiche e in Sociologia, docente di Italiano e Latino al Liceo Classico di Sarno, giornalista pubblicista, ha insegnato “Linguaggio giornalistico” all’Università di Salerno. E’ autore, tra l’altro, di due storie della letteratura italiana e de “Il Labirinto e l’Ordine” (Commento integrale alla “Divina Commedia”), di testi teatrali e saggi sulle tradizioni popolari. Il suo manuale “Le tecniche della scrittura giornalistica” (Ed. Simone) è citato nella Bibliografia della voce della Enciclopedia Treccani “Giornalismo”, appendice VII – 2007. Ha scritto una trilogia sulla Campania misteriosa che comprende: "la città che urla segreti", il thriller storico ambientato nella Napoli misteriosa (Guida Editori); "le ombre non mentono", il thriller storico ambientato nella Salerno misteriosa (Guida Editori); "che ora è dea notte?", il thriller storico ambientato tra i misteri di Ischia e Procida (Guida Editori).